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giovedì 29 settembre 2011

Kent's Strapper intervista fatta da Giovanni Faleg su IMILLE.org

E’ accaduto spesso nel corso della storia che l’inizio delle rivoluzioni, in particolare quelle innescate da innovazioni tecnologiche, sia avvenuto in sordina, lontano dai riflettori, magari fra le spesse mura di laboratorio nascosto nel seminterrato di un centro di ricerca.

Nell’ottobre 1969 il Professor Leonard Kleinrock dell’Università della California di Los Angeles (UCLA) stabiliva il primo collegamento telefonico fra il computer del suo ufficio ed un altro computer allo Stanford Research Institute, nell’ambito del progetto ARPANET[i] finanziato dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti. Nasceva Internet, innovazione che nel giro di trent’anni avrebbe provocato non solo una rivoluzione nel settore della comunicazione, ma anche e soprattutto profondi cambiamenti sulla società e l’economia globale.

Nel 1986 la compagnia 3D Systems, fondata da Charles “Chuck” Hull e basata a Rock Hill, nella Carolina del Sud, realizzava la prima stampante 3D, allora chiamata “macchina stereolitografica”. Questa nuova forma di stampa permette la creazione di oggetti tridimensionali (ad esempio, un giocattolo o una scarpa) partendo da un file 3D salvato in un computer ed attraverso la lavorazione di materiali (per esempio plastica o metallo) stratificati uno sopra l’altro[ii]. Il concetto è elementare quanto suggestivo, basti pensare alle stampanti che abbiamo in casa: come cambierebbe la nostra vita se, oltre ai documenti ed alle foto a colori, fosse possibile scaricare da internet e stampare un orecchino direttamente dal nostro pc?

Dagli anni Ottanta ad oggi la stampa 3D si è notevolmente sviluppata, nonostante sia rimasta un fenomeno di nicchia ignorato dai mass media. Un articolo pubblicato sull’Economist ad inizio febbraio, intitolato Print me a Stradivarius[iii] (tradotto “Stampami uno Stradivari”) ha richiamato l’attenzione su questa tecnologia capace di avere un impatto profondo sul mondo almeno quanto lo fu l’avvento dell’industria nel XVIII secolo.

Da dove vengono le stampanti 3D, quale è stata la loro evoluzione e quali sono le possibili conseguenze della loro diffusione sul mercato globale?

La realizzazione della prima stampante ad opera della pioniera 3D Systems ha aperto la strada allo sviluppo di metodi di stampa alternativi e sempre più sofisticati. Nel corso degli anni Ottanta e Novanta, altri imprenditori affascinati dal nuovo business si sono affiancati a Chuck Hull. Nascono così aziende che sono rimaste fino ad oggi leaders nel settore: le americane Stratasys (fondata nel 1988 a Minneapolis) e Z Corporation (dal 1994, con sede in Massachussets), la israeliana Objet Geometries. Le stampanti prodotte da queste imprese utilizzano tecnologie e metodi diversi, che variano a seconda delle applicazioni e delle strategie di mercato. Si va dalla modellazione tramite rilascio del materiale su strati all’impiego del laser per fondere materiali in polvere ed ottenere l’oggetto desiderato. Senza entrare nelle complessità tecniche, il risultato è di una semplicità quasi disarmante. Si scarica il file contenente il design dell’oggetto sul computer, si collega il computer alla stampante e si preme “stampa”. La macchina fa il resto.

Nonostante le potenzialità, tuttavia, alla fine degli anni Novanta la stampa 3D stenta ancora a decollare, causa i prezzi troppo elevati ed il mancato sviluppo della produzione di massa. Stampanti 3D – o fabbers[iv], come iniziano ad essere chiamate – trovano mercato principalmente nei settori aerospaziale e medico, nell’architettura e fra amatori e circoli universitari, ma non varcano questi confini di nicchia.

Il trend si inverte, quasi magicamente, all’inizio degli anni 2000. Nel 2003 Wohlers Associates, la principale società di consulenza nel settore della produzione additiva, stimava un incremento delle vendite di stampanti 3D del 57% rispetto all’anno precedente, ovvero 1032 macchine vendute dalle principali 5 compagnie operanti nel settore. E’ lo stesso Terry Wohlers a svelare il segreto di questo boom, in un’intervista rilasciata ad un sito specializzato[v]: lo sviluppo di prodotti per il mercato low-end.

L’entrata sul mercato di macchine più semplici ed economiche, ideali per lavori di progettazione (ad esempio, modelli per studi di architettura), ha permesso di ridurre i costi di produzione e sollecitare la domanda. In particulare, ha attratto quelle imprese o privati che non potevano per i quali il prezzo delle macchine più sofisticate risultava proibitivo.

Dal 2003 in poi la strada è stata tutta in discesa. In meno di 10 anni il prezzo medio per una stampante “low end” è passato da $ 100,000 a $ 10,000 e continua a scendere. Può essere utile il paragone con le stampanti laser tradizionali, che nei primi anni Ottanta costavano intorno ai $ 10,000 e che ora si possono acquistare per meno di $ 100.

L’aumento della domanda per le stampanti 3D low-end, ha influito ache sulle vendite delle macchine più elaborate, quelle del segmento high-end. Sempre negli ultimi 10 anni si registra infatti un crescente interesse per stampanti a più alta performance da utilizzare nelle attività manufatturiere (in particolare nel campo dell’ingegneria elettronica, aerospaziale e nel settore auto), in grado di produrre materiali complessi. Come è noto, prima conseguenza della crescita del business è il progresso tecnologico. Velocità ed accuratezza sono aumentate modello dopo modello, cosi come si è consolidata e perfezionata la capacità di produrre oggetti più complessi e composti. C’è chi paragona l’attuale stadio di sviluppo delle stampanti 3D ai computers alla fine degli anni Settanta. E intanto anche in Europa cominciano a spuntare le prime imprese, come la tedesca EOS, specializzata nella sinterizzazione laser, e la olandese Shapeways.

Il fenomeno non va sottovalutato. Una tecnologia del genere può avere effetti rivoluzionari sull’economia industriale. L’esempio di Timberland è indicativo. L’acquisto da parte dell’impresa americana di una stampante 3D prodotta dalla Z Corporation ha permesso di ridurre del 92% il tempo di realizzazione di una suola (dal design al modello), abbattendo drasticamente i costi ($ 35 contro $ 1,200)[vi].

Sebbene sulle potenziali implicazioni si possa sbizzarrire la fantasia, la stampa 3D cambierà il mondo principalmente in tre modi. In primo luogo, riducendo o eliminando il ruolo delle economie di scala quale punto cardine dell’attività produttiva. Se prodotta dalla stampante, il costo di una unità di un qualsiasi oggetto costerà esattamente come la millesima. Il costo di produzione non tenderà quindi a diminuire con l’aumento della scala di produzione, ma resterà fisso. In secondo luogo, e conseguentemente, la stampa 3D renderà più facile l’innovazione, diminuendo sensibilmente i costi associati all’avvio dell’impresa (start-up) e rendendo meno rischiosa l’entrata nel mercato. Infine, l’utilizzo privato o low-cost della nuova tecnologia avrà effetti significativi sulla proprietà intellettuale e sulle leggi del copyright[vii]. Si pensi non solo al problema della pirateria, ma anche alla questioni legate allo sviluppo “open-source”, come nel caso del RepRap project[viii] dell’Università di Bath, in Inghilterra. Il progetto costituisce un interessante esempio di fallimento del mercato, in quanto autorizza la diffusione gratuita e legale del design necessario a costruire la propria stampante 3D “replicabile”, dalla quale cioè possono essere stampati i componenti di un’altra stampante. Per un costo totale che si aggira intorno ai 400 EUR.

E in Italia? Siamo indietro. La tecnologia si sta sviluppando prevalentemente a livello amatoriale e, purtroppo, al di fuori dei centri universitari. Ma la prima iniziativa imprenditoriale parte proprio dall’open-source: si tratta della Kent’s Strapper, fondata da Luciano e Lorenzo Cantini nel settembre 2010 con sede a Firenze. “Le nostre stampanti sono realizzate seguendo il design del RepRap project ed a breve apriremo il primo centro in Italia per la vendita e assistenza tecnica in questo settore”, spiega Luciano Cantini, nel piccolo laboratorio di famiglia in cui vengono esposti giocattoli di piccole dimensioni, modellini, persino una spada (di plastica) prodotti dalla macchina. Un piccolo sasso lanciato nell’oceano dell’innovazione e nella burrasca dei mercati. Un sassolino che sicuramente non scuoterà un paese in crisi di fiducia, credibilità e creatività, stordito dalle vicende politiche, dai ripetuti schiaffi delle agenzie di rating ed in cui scommettere sull’innovazione è un’impresa ciclopica. Ma vale la pena tentare. Perché spesso è da questi piccoli laboratori che nascono le grandi rivoluzioni.


L'articolo è pubblicato qui: http://www.imille.org/2011/09/stampanti-e-rivoluzioni-tecnologiche/

sabato 16 luglio 2011

Firmware per Prusa su Gen6

Eccoci qui a riferire una importante notizia abbiamo modificato il firmware originale delle generation 6 per la mendel per renderlo compatibile con la prusa, modifiche nel settaggio dell'estrusore, dei motori degli assi x,y,z e anche nei termini di lettura della sonda e del riscaldamento dell'estrusore , il tutto ha fatto si di avere una stampa alquanto buona utilizzando esclusivamente l'imput di stampa senza settare la qualità
maggiori indo a breve

domenica 1 maggio 2011

domenica 20 marzo 2011

Relazione su prusa

Rep rap Prusa:
la Prusa è una stampante tridimensionale Affrordable ovvero facile da realizzare ed ad un prezzo modesto,
è una variante della mendel, da cui differisce esclusivamente per le dimensioni e per la facilita di reperibilità dei componenti


Dimensioni E Funzioni Assi:

le dimensioni della stampante sono
Altezza 684 mm
Largezza laterale 370mm
Larghezza base 294mm

La stampante si fonda su due triangoli equilateri di 370mm con altezza di 684 mm che sono collegati assieme tramite 4 barre di 294mm




Il piatto di stampa è di 225mm x225mm,realizzato in legno , si muove orizzontalmente su due barre di 406mm grazie un motore passo passo -stepper- ,che costituisce l'asse Y, tramite una cinghia dentata di 1380mmx5mm



L'estrusore si muove orizzontalmente su due barre di 495mm grazie ad un carrello mosso da un motore passo passo- che costituisce l'asse X- tramite una cinghia dentata di 840mmx5mm


L'asse Z si muove verticalmetne su due barre di 350mm grazie ad un motore passo passo


Estrusore e Funzione:


l'estrusore è una parte importantissima della Prusa esso si compone di 4 parti principali:
resistenza in filo di Nichrome
termistore
Motore Passo passo
Ugello

La resistenza riscalda l'ugello ad una temperatura massima di 300 gradi, tale temperatura viene rivelata dal termistore che la "comunica" alla scheda
una volta che la temperatura rivelata è quella impostata dal computer la scheda avvia il motore
che spinge il filamento nell'ugello riscladato, cosi da verificare la fuoriuscita di filamento fuso che è la materia prima dell'oggetto stampato

Elettronica:
al momento per l'elettronica si hanno 3 possibilità

generation 6:



generation 3

Ramps


Non posso dare una visone dettagliata su queste in quanto esse risentono dell'esperienza e delle valutazioni personali di chi le utilizza


Stampa:
La stampante realizza oggetti di dimensione massima 20 cm di larghezza per 20 di altezza,
il tempo impiegato varia a seconda della velocità che si imposta nel software.
tramite la coordinazione dei 4 motori stepper che assicurano una grande precisione in quanto i movimenti sono infatti passo passo , si ha una resa tidimensinale ottima soprattutto combinata ad un programma di CAD

Conclusioni:
Per conludere La Prusa è una stampante che permette un facile utilizzo e un immediato avvicinamento all'esperienza della stampa tridimensionale, inoltre essendo facilmente montabile e smontabile può essere soggetta a modifiche e miglioramenti strutturali,
a mio avviso perciò è la piu indicata per cominciare


Grazie Lorenzo